La nascita della fotografia ha cambiato non solo il mondo dell’arte ma anche la società dell’era moderna, ma quando nasce la fotografia? Dove e perché? Ora lo vedremo! Dobbiamo tornare indietro fino ai primi dell’ Ottocento per rispondere a tutte queste domande ma andiamo con ordine.
I Primi Studi sull’Ottica
La prima foto della storia fu scattata ai primi dell’Ottocento ma bisogna tornar indietro di parecchi secoli per capire che già ai tempi di Aristotele ci furono studi sulla luce e sull’ottica! Il filosofo greco scoprì infatti che la luce che passava attraverso un piccolo foro proiettava un immagine circolare su un piano. Anche lo studioso arabo Alhazen giunse alle stesse conclusioni intorno all’anno 1039 chiamando “camera oscura” quella scatola in cui venivano riprodotte quelle immagini.
Leonardo da Vinci si spinse oltre chiamando la camera oscura “Oculus Artificialis” ovvero occhio artificiale, dopo aver studiato la riflessione della luce su superfici sferiche. Il genio italiano applicò al modello della scatola una lente che proiettava immagini. Un apparecchio simile fu utilizzato dello scienziato olandese Frisius per studiare l’eclissi solare del 1544.
Nel 1550 il matematico italiano Gerolamo Cardano riuscì ad aumentare la luminosità delle immagini utilizzando una cappella convessa sulla lente. Nel 1565 il matematico e ottico Daniele Barbaro andò oltre riuscendo a ridurre le aberrazioni che altro non sono che le variazioni geometriche e cromatiche delle immagine riprese rispetto alla realtà. Come ci riuscì? Utilizzando una specie di diaframma di diametro inferiore a quello della lente.
Catturare la Luce
Non era però semplice catturare la luce senza capire il meccanismo dei materiali fotosensibili, che benché conosciuti anche in epoca medievale, furono studiati a fondo solo nel 1727.
Proprio a partire da quest’anno un pioniere che pose le basi delle future macchine fotografiche fu lo scienziato tedesco Schulze il quale condusse interessanti esperimenti chimici. Lavorando con carbonato di calcio, acqua regia acido nitrico e argento ottenne un composto chiamato nitrato d’argento che reagiva alla luce! Schulze si accorse che questa sostanza non si modificava se esposta alla luce del fuoco ma diveniva rossa se posta a contatto con quella del sole, esattamente come la maggior parte delle pellicole e carte in bianco e nero usate fino alla prima metà del Novecento!
Entusiasta di questa scoperta lo scienziato tedesco ripeté l’esperimento riempendo una bottiglia di vetro di questo composto ed in seguito esponendola alla luce del sole. La sostanza presente nella bottiglia si scurì solo nel lato illuminato che fu chiamata dello scienziato scotophurus ovvero “portatrice di tenebre”.
Probabili Protofotografie
Alcuni studiosi e ricercatori fuori dal coro come lo storico dell’arte Nicholas Allen sono a favore della teoria che la camera oscura era conosciuta fin dai tempi antichi dai pittori al fine di ricalcare le immagini sui loro supporti per pittura come per esempio le tele di lino. Una famosa probabile proto fotografia medievale realizzata proprio su tela di lino sarebbe la famosa Sindone di Torino la quale fu analizzata secondo la tecnica del carbonio 14 e che fu datata tra il 1260 e il 1390; secondo Allen questa famosa presunta reliquia del sudario di Cristo fu realizzata con un altro composto fotosensibile ovvero il cloruro d’argento!
Secondo il filosofo, teologo e l’alchimista del XIII secolo Alberto Magno alcuni scienziati e ricercatori sarebbero stati già in grado di realizzare dei manufatti di natura fotografica, in quanto riuscirono ad intuire le proprietà fotosensibili del nitrato d’argento! Ma allora la fotografia quando nasce? Vi sono testimonianze e prove di vere fotografie dei tempi antichi? Purtroppo no, ma il dubbio per alcuni rimane!
La Prima Fotografia
La strada per arrivare alla prima vera fotografia della storia dell’umanità era ancora lunga ma nel 1802 un ceramista inglese di nome Thomas Wedgwood cominciò a fare esperimenti con il nitrato d’argento. Iniziò rivestendo i suoi recipienti in ceramica con questa sostanza per poi usare fogli di carta e di cuoio immersi nel nitrato d’argento ed esposti inseguito alla luce del sole. Anche lui notò che la parte del foglio colpita dal sole anneriva mentre rimaneva chiara nella parti in ombra. Purtroppo le immagini che si creavano non erano affatto stabili e perdevano rapidamente contrasto se mantenute alla luce solare. Come fare dunque? Wedgwood si accorse poi che queste immagini potevano essere viste nuovamente se riposte in una stanza oscura avvalendosi dell’ausilio della luce di una lampada a olio o di una candela. Provò a sensibilizzare anche il cuoio per poi esporlo all’interno di una camera oscura ma non ottenne i risultati sperati. Il ceramista inglese dovette abbondonare gli studi a causa della sua salute cagionevole ma alcuni storici ritengono che egli riuscì ad ottenere una prima impressione di una immagine chimica su carta tra il 1790 e il 1791. L’immagine in questione rappresentava una foglia d’albero ma ci sono ancora dibattiti in merito in quanto molti studiosi ritengono che sia un disegno fotogenico e non un immagine chimica pertanto non la considerano la prima fotografia della storia.
Ma allora questa prima fotografia della storia quando arriva? Bisogna aspettare fino al1826 l’anno in cui un temerario ricercatore francese si intestardì con i suoi esperimenti fino a ottenere risultati inaspettati. Joseph Nicéphore Niépce approfondì gli studi di Wedgwood ricercando ossessivamente una sostanza che potesse impressionarsi alla luce mantenendo l’immagine derivata nel tempo. Non era facile trovarla! Un buon esperimento fu quello col cloruro d’argento col quale riuscì ad ottenere un immagine invertita ovvero oggetti bianchi su fondo nero quello che oggi noi chiameremo “negativo”. Immerse un foglio di carta con il cloruro d’argento e lo espose in una piccola camera oscura ottenendo questo “negativo” che non lo soddisfò affatto! Per questo motivo proseguì imperterrito la sua ricerca al fine di trovare la sostanza perfetta per ottenere l’immagine in “positivo”.
Le ricerche continue di Niépce lo condussero a trovare una sostanza davvero interessante chiamata bitume di Giudea(o asfalto siriano) ovvero una miscela di bitume,standolio, argilla ed essenza di trementina. Prese delle lastre di peltro e le cosparse con il bitume al fine produrre delle copie di un incisione del cardinale di Reims,Georges I d’Amboise. Il bitume era solubile in olio di lavanda e una volta esposto alla luce induriva. Una volta indurito però non può più essere eliminato dall’olio di lavanda perciò le zone rimaste scoperte furono scavate con la tecnica dell’acquaforte cosi che la lastra finale poteva essere usata per la stampa. Niépce chiamò questa tecnica di riproduzione di immagini eliografia che usò anche in camera oscura al fine di produrre immagini in positivo su lastre di stagno. Questa tecnica richiedeva un lunghissima esposizione alla luce (fino a otto ore) la quale penalizzò non poco le riprese degli esterni. Ma la prima foto della storia stava per vedere la luce nonostante tutte le difficoltà! Dopo la lunga esposizione alla luce Niépce eliminò il bitume non sensibilizzato ed annerì le zone lavate dal bitume con vapori di iodio! Fu così che il 9 Febbraio del 1826 ottenne finalmente quella che gli storici considerano la prima fotografia della storia dell’umanità chiamata “Veduta dalla finestra a le Gras” la prima immagine fotografica fissata in maniera permanente!
Conclusioni
Ci sono voluti parecchi secoli di studi, intuizioni, perfezionamenti e fallimenti vari per giungere a una scoperta che avrebbe rivoluzionato non solo il mondo dell’arte ma anche la società moderna!
La riproduzione meccanica di immagini avrebbe in seguito rivaleggiato con il mondo della pittura in quanto da allora in poi i pittori non furono più i soli capaci di riprodurre immagini. Man mano che la tecnica e gli apparecchi fotografici diventavano sempre più precisi ed efficienti la rivalità fra pittori e fotografi si fece sempre più accesa.
Dopo la prima foto ottenuta con la tecnica dell’eliografia inventata da Niépce gli studi ovviamente proseguirono e si arrivò al primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini ovvero la dagherrotipia, ma di questo parleremo in un altro articolo.
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